Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi 12, e' domiciliato; Contro il Presidente della giunta della Regione Emilia-Romagna per la dichiarazione d'illegittimita' costituzionale degli artt. 7 e 22 della legge regionale 19 dicembre 2002, n. 37 (Disposizioni regionali in materia di espropri), pubblicata in B.U.R. 20 dicembre 2002 n. 180, in relazione agli artt. 120, secondo comma, nonche' 117, secondo comma (lett. l ed m), terzo comma Cost. 1. - Al fine di armonizzare la disciplina di cui al d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 (t.u. in materia di espropriazione per p.u.) con la legislazione regionale in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica, la Regione Emilia-Romagna ha dettato - con la legge in epigrafe - un complesso organico di norme destinate (come da art. 2) a governare le procedure, da chiunque realizzate, per l'acquisizione anche a favore di privati di immobili o diritti relativi ad immobili per l'esecuzione nel territorio regionale di opere e interventi pubblici o di pubblica utilita'. Oltre a dettare principi generali (artt. da 3 a 7) ed a disciplinare forme e modi di apposizione del vincolo espropriativo (tit. III, art. 8 - 14) e quelli della dichiarazione di p.u., la legge reca (al tit. V) norme a definizione dei requisiti della "edificabilita' legale e di fatto" rilevanti agli effetti della determinazione dell'ammontare della indennita' dovuta per l'esproprio di aree dotate di detti caratteri. Rilevano, in questa sede, gli artt. 7 e 22 che, giusta determinazione approvata nella riunione del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2003 (doc. 2), vengono dal deducente impugnati siccome contrastanti con gli artt. 120, secondo comma, e 117, secondo e terzo comma, Cost. (sub lege Cost. n. 3/2001). 2. - Dopo aver disposto (all'art. 6) il conferimento ai comuni - salvi i casi di espressa deroga normativa - delle funzioni amministrative relative ai procedimenti di espropriazione per la realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilita' di competenza regionale, la legge prevede - nel qui denunciato art. 7 - che "in caso di persistente inerzia nel compimento di un atto spettante ai soggetti di cui all'art. 6, comma 1, nell'esercizio di funzioni conferite, la giunta regionale assegna all'ente medesimo un termine per provvedere, comunque non inferiore a quindici giorni. Trascorso inutilmente tale termine, la giunta assume i provvedimenti necessari per il compimento dell'atto, ivi compresa la nomina di un commissario ad acta". All'evidenza, la cosi' contemplata attribuzione ad organo regionale di "poteri sostitutivi" nel compimento di atti di spettanza dei comuni si pone in contrasto con l'art. 120, secondo comma, Cost., alla cui stregua deve ritenersi riservato al Governo il potere di sostituirsi ad organi (delle regioni, citta' metropolitane, province e) dei comuni - quando, tra l'altro, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali imponga l'adempimento di (inosservati) doveri, o "funzioni", secondo procedure definite con legge che salvaguardi i principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione. Invero, se e' del Governo la titolarita' del potere sostitutivo, e altrettanto indubitabile che la legge (ordinaria) alla quale e' riservato di definire - nel rispetto degli indicati principi - le modalita' d'esercizio del potere stesso non possa essere che una legge statale (attesa, se non altro, l'esigenza di una disciplina uniforme in settori che coinvolgono, come quello dell'espropriazione per p.u., principi fondanti dell'ordinamento costituzionale: art. 42). Deve, di conseguenza, convenirsi che il denunciato art. 7 della l.r. Emilia-Romagna n. 37/2002, nel disporre la sostituzione regione-comune (pur teoricamente ammissibile, ma con la mediazione di un atto normativo dello Stato), viola la sottolineata "riserva di legge statale" cosi' come posta dalla Costituzione. 3. - Premesso, in breve, che espropriazione per p.u. e correlato diritto d'indennizzo attengono al regime costituzionale della proprieta' quale scolpito dall'art. 42 della Carta repubblicana - e, cosi', a "materia" di certo sottratta alla legislazione concorrente delle regioni per rientrare, invece, in quella esclusiva statale (ex art. 117, secondo comma, lett. l) Cost.: ordinamento civile) - e' agevole, altresi', evidenziare l'illegittimita' dell'art. 22 l.r. n. 37/2002. La denunciata norma (rubricata "Edificabilita' di fatto") stabilisce che, salva la necessita' della edificabilita' legale, "un'area possiede anche i caratteri della edificabilita' di fatto quando sono gia' presenti o in corso di realizzazione, nell'ambito territoriale in cui l'area stessa si inserisce, le dotazioni territoriali richieste dalla legge ovvero dagli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica". E' da dire, intanto ed in primo luogo, che nonostante la fatta salvezza della "necessita'" della edificabilita' legale (derivante com'e' noto dalle previsioni degli strumenti urbanistici), la disposizione in esame appare preordinata a riconoscere rilevanza, agli effetti della determinazione dell'indennita', "anche" alla edificabilita' di fatto, in tal guisa riprendendo un'opzione ermeneutica che, pur sostenuta a riguardo dell'art. 5-bis, terzo comma, del d.l. 11 luglio 1992 n. 333 (sub lege n. 359/1992), ha finito poi con l'essere disattesa con l'affermazione del carattere solo sussidiario della edificabilita' di fatto (o effettiva), da riconoscere percio' rilevante alla stregua della "norma vivente" nella sola ipotesi di mancanza di strumenti urbanistici. In contrasto con la ricordata norma vivente sarebbe del resto quella denunciata quando pure questa fosse da intendere preordinata a richiedere la compresenza del duplice carattere (edificabilita' legale e edificabilita' di fatto, non piu' in rapporto di sussidiarieta), noto essendo che per consolidata interpretazione giurisprudenziale la sola edificabilita' legale basta a conferire ad un'area il carattere della edificabilita' (ed a legittimare l'applicazione dei relativi criteri indennitari). Sotto tale profilo, e senza dire che - per lo stesso rilievo (non meramente sussidiario) attribuito "anche" alla edificabilita' di fatto - la norma in commento e' suscettibile di comportare il riconoscimento di un tertium genus di suoli oltre la dicotomia posta dal costituzionalmente legittimo impianto della legge statale citata, si coglie con evidenza il contrasto del denunciato art. 22 con l'esclusiva competenza dello Stato di legiferare nelle materie dell'ordinamento civile (proprieta' privata e qualificazione giuridica dei beni che ne formano oggetto) e delle prestazioni concernenti i diritti civili da garantirsi pariteticamente su tutto il territorio (nella specie, con uniforme applicazione di criteri di determinazione dell'indennizzo espropriativo): art. 117, secondo comma lett. l) ed m). Per altro aspetto, gli or citati precetti costituzionali - e segnatamente il secondo - devono ritenersi violati insieme a quello dell'art. 117, terzo comma, Cost. dalla denunciata norma regionale per quanto dalla stessa disposto in ordine alla individuazione dei requisiti della edificabilita' di fatto (subordinata alla presenza o all'avvio di dotazioni territoriali richieste dalla legge ovvero dagli strumenti di pianificazione urbanistico-territoriale). In base alla legislazione vigente infatti (art. 5-bis, comma 5, legge n. 357/1992 cit), come pure alla stregua dell'art. 37, commi 5 e 6, d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (di differita entrata in vigore), la definizione dei criteri e requisiti per l'individuazione della edificabilita' di fatto e' rimessa ad un decreto da emanarsi, ai sensi dell'art. 17, legge n. 400/1988, dal Ministro dei lavori pubblici (ora delle infrastrutture e trasporti), in coerenza - com'e' appena da notare - con ovvie esigenze di uniformita' di disciplina (quanto agli effetti sulla determinazione dell'indennita' di esproprio) la cui salvaguardia e' compito esclusivo della legge statale ex art. 117, secondo comma, lett. m), Cost. D'altra parte, e pur a privilegiarne l'attinenza alla materia del "governo del territorio" (di legislazione regionale concorrente), la norma in esame si porrebbe, come si pone, in contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost. per il rilievo attribuito, ai fini considerati, ad articolate previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistico-territoriale in dispregio dei principi fondamentali dettati o da desumersi - quanto ad individuazione della edificabilita' di fatto delle aree - da un atto di normazione statale.